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Sorteggiati i gironi del mondiale 2010

Charlize Theron e David Beckham durante il sorteggio

Ecco i gruppi sorteggiati del Mondiale 2010. Il sorteggio si é svolto a Cittá del Capo ed é terminato pochi minuti fa.

GRUPPO A GRUPPO B GRUPPO C GRUPPO D
SUDAFRICA ARGENTINA INGHILTERRA GERMANIA
MESSICO NIGERIA USA AUSTRALIA
URUGUAY SUD COREA ALGERIA SERBIA
FRANCIA GRECIA SLOVENIA GHANA
GRUPPO E GRUPPO F GRUPPO G GRUPPO H
OLANDA ITALIA BRASILE SPAGNA
DANIMARCA PARAGUAY NORD COREA SVIZZERA
GIAPPONE N. ZELANDA COSTA AVORIO HONDURAS
CAMERUN SLOVACCHIA PORTOGALLO CILE

Ecco il pallone dei Mondiali 2010

Jabulani

"Jabulani" con alle spalle la Coppa del Mondo

Oggi alle 18 é previsto il sorteggio dei gironi del Mondiale 2010 a Cittá del Capo, che aprirá ufficialmente il cammino e la preparazione all’evento calcistico che monopolizzerá la prossima estate. Ma oggi sará anche l’occasione per conoscere il pallone ufficiale che sará usato in tutte le partite disputate nella competezione. A Joseph Blatter, presidente della Fifa, e a David Beckham, capitano dell’Inghilterra di Fabio Capello, spetterá mettere la faccia in questo evento.

Jabulani, questo il nome scelto, è una parola in lingua bantu isizulu, una delle undici lingue ufficiali della Repubblica Sudafricana, parlata dal 25 % circa della popolazione. Letteralmente, “Jabulani” significa “festeggiare” o “celebrare”. Firmato adidas, presenta un design ispirato al Sudafrica e la sua nuova superficie “Grip’n’Groove” fornisce ai giocatori stabilità in volo ed un grip perfetto in condizioni climatiche avverse. Con soli otto pannelli 3D termosaldati il pallone raggiunge inoltre una perfetta sfericità. Undici i colori utilizzati nell’undicesimo pallone adidas per i campionati del mondo, undici colori che simboleggiano gli 11 giocatori di ciascuna squadra, le 11 lingue ufficiali del Sudafrica e le 11 tribù sudafricane che fanno di questo paese uno dei più etnicamente variegati del continente africano. Il design dai colori vivaci riconduce così l’enorme molteplicità del paese in un’unità armonica (“Diversity in Unity”). Così come nel rivestimento esterno dello stadio Soccer City di Johannesburg, anche nei singoli elementi di design del pallone si esprime l’enorme bellezza dei colori del Sudafrica. Le “aero grooves” sono scanalature presenti sulla superficie dell’intero pallone, questi solchi conferiscono proprietà incredibili di stabilità rendendo questo pallone il più preciso tra quelli realizzati da adidas. Test comparativi approfonditi condotti dalla Loughborough University, in Inghilterra, numerose prove nella galleria del vento e nel laboratorio dei palloni da calcio di adidas a Scheinfeld confermano le caratteristiche uniche di “Jabulani”.

Il nuovo pallone sarà disponibile presso i rivenditori di tutto il mondo a partire dal 5 dicembre 2009. Già oggi l’adidas innovation team è al lavoro nella realizzazione di un nuovo pallone per i Campionati mondiali di calcio 2014.

Welcome back home Allen!

Il ritorno del figliol prodigo Allen Iverson a Philadelphia con i 76ers segna il lieto fine, di una vicenda che aveva scosso il mondo del basket quando “The Answer” aveva dato l’annuncio del suo ritiro nei giorni scorsi.

Accompagnato in sala stampa dal presidente Ed Stafanski, Al appare molto emozionato al punto di non riuscire a trattenere le lacrime: “Penso che sia una benedizione per me essere tornato a Philadelphia – racconta la guardia 34enne ai giornalisti durante la conferenza stampa in cui si è ufficialmente rimesso la divisa dei Sixers -. Quando la settimana scorsa ho annunciato il mio ritiro ho pensato davvero che la parte della mia vita legata al basket fosse finita. Ma ero felice, perché potevo dare a mia moglie e ai miei figli qualcosa che lo stile di vita Nba mi ha sempre impedito di dare loro. Poi ha chiamato il mio agente dicendomi che avevo la possibilità di tornare a casa: non potevo rifiutare. Ho tifosi in tutto il mondo e li ringrazio, ma il rapporto che ho con quelli di Philadelphia non ha eguali nello sport. Io li amo e loro mi amano. Tornando qui riuscivo solo a pensare che questa è la gente che mi ha reso quello che sono. Non mi sono mai sentito veramente a mio agio senza la maglia dei Sixers, e vedermi con un’altra divisa mi ha sempre fatto sentire strano. Guardo tutte le altre squadre Nba, ma mai Philadelphia. Non ci sono mai riuscito da quando me ne sono andato, mi emoziona troppo. Nella mia vita ho fatto tanti errori di cui non vado certo fiero – prosegue -. Ho creato un’immagine di me che non è vera, ed è forse per quello che poche squadre si sono interessate a me. Ma sono stati anche quegli errori a rendermi l’uomo che sono adesso. Voglio solo giocare a basket. Sono nato per essere un giocatore: l’unica altra cosa che so fare è essere un padre e un marito. Se non sapessi di poter giocare a basket al livello a cui sono abituato non sarei mai tornato. Ma so di poterlo fare e lo dimostrerò, aiutando questa squadra a vincere. Ma voglio inserirmi, essere uno del gruppo. E giocare a basket”.

L’esordio, il secondo stagionale per Iverson, con i suoi Philadelphia é previsto per lunedí contro Denver, la squadra a cui venne ceduto da Philadelphia nel dicembre 2006. ““Spero di non sentirmi come mi sento adesso – scherza -. Sarebbe davvero complicato giocare a basket in queste condizioni mentali”.

Lionel Messi pallone d’oro 2009

Messi nella sede di France Football

Messi sfoglia la "sua" France Football

La notizia era giá nell’aria da mesi, mancava solo l’annuncio di France Football (rivista francese che ha creato il premio nel 1956) e cosí é stato: Lionel Messi é il pallone d’Oro 2009 che lo fa ufficalmente diventare il miglior calciatore d’Europa. La concorrorenza é stata letteralmente spazzata via, grazie ai 473 punti conquistati contro gli appena 233 del vincitore dell’anno scorso Cristiano Ronaldo.

Nella classifica finale, composta dai nomi dei 30 candidati, spiccano vari colleghi di Messi nel Barcellona: al 3º posto c’é Xavi (170 voti), al 4º Iniesta (149 voti), al 7º Ibraimhovic (50 punti), al 15º Thierry Henry (9 punti) e al 29º Yaya Touré (1 punto) risultato della stagione perfetta disputata dagli azulgrana. Non ci sono italiani, ma solo rappresentati del campionato italiano: Eto’o, Julio Cesar, Maicon (Inter) e Diego (Juventus). La Spagna domina la graduatoria con sei giocatori tra i primi dieci classificati e tredici in totale.

La “Pulce” si dice sorpreso e felice: “E’ un grande onore per me ricevere questo premio. Le emozioni sono tantissime e molto belle. Onestamente, sapevo di essere tra i favoriti, perché il Barcellona ha avuto tanti successi, ma non pensavo di vincere e soprattutto di avere un vantaggio così grande sul secondo classificato. Il Pallone d’oro, è qualcosa di molto importante per me. Tutti coloro che hanno vinto sono stati grandi giocatori. E alcuni tra i grandi non lo hanno mai vinto”. Dedica inoltre il successo alla famiglia “Sono loro che ci sono sempre stati quando ho avuto bisogno. Erano accanto a me, e sentivo le emozioni a volte anche più forti delle mie”.

Messi e Maradona

Messi, riceverá il premio il 6 dicembre a Parigi e é il primo giocatore argentino a vincere il trofeo dal 1995, anno in cui iniziarono ad essere eleggibili giocatori non europei ma che militano in club del vecchio continente. Lionel 169 centimentri di classe purissima, é nato a Rosario il 24 giugno 1987; durante l’infanzia ha sofferto di problemi ormonali che le modeste condizioni della famiglia non permisero di curare adeguatamente. Ma grazie all’immensa classe di cui é dotato, trasferitosi con tutta la famiglia a Barcellona, ha saputo trasformare un handicap nel suo punto di forza “Mia nonna un giorno mi portó a vedere una partita di ragazzi piú grandi. Mancava un giocatore, cosí mia nonna chiese all’allenatore di farmi provare. All’inizio l’allenatore non voleva perché diceva che ero troppo piccolo…poi peró si é convinto e mi ha fatto giocare. Alla fine é andata bene, da lí é partito tutto”. Diventa il terzo giocatore più giovane a vestire la maglia del Barcellona (2003), il secondo piú giovane a giocare nella Liga (2004), il secondo piú giovane ad aver segnato con la squadra catalana (2005), miglior giocatore del mondiale under 20 (2005) e infine terzo piú giovane vincitore del Pallone d’Oro (dopo Ronaldo e Owen) coronando cosí una progressione inarrestabile: 20º nel 2006, 3º nel 2007, 2º nel 2008. Il premio suggella una stagione fatta di 51 presenze e 38 gol divisi nelle varie competizioni e vittorie nella Liga, Copa del Rey, Champions League, Supercoppa Europea  e Supercoppa Spagnola. Questi sono i numeri del fenomeno che nell’immaginario collettivo viene sempre associato a Maradona, attualmente suo allenatore nella “Selección” argentina.

Messi ora vuole riconfermarsi il numero uno atteso ai Mondiali di Sudafrica 2010, dopo le paure per una qualificazione giunta sul filo di lana. “Paura che l’Argentina non si sarebbe qualificata ai Mondiali? No, non proprio. Ero abbastanza fiducioso, nonostante le difficoltà che possiamo aver affrontato”. E a livello personale conosce quanto sará dura ripetersi: “È difficile eguagliare una stagione piena di gioie come questa. Spero che il prossimo sarà come questo. Ma vincere il Pallone d’oro due anni di seguito, non è facile… “.

Ecco la classifica completa:
1. Lionel Messi (Argentina, FC Barcellona) : 473 points
2. Cristiano Ronaldo (Portogallo, Manchester United poi Real Madrid) : 233 pts
3. Xavi (Spagna, FC Barcellona) : 170 pts
4. Andrès Iniesta (Spagna, FC Barcellona) : 149 pts
5. Samuel Eto’o (Camerun, FC Barcellona poi Inter) : 75 pts
6. Kaka (Brasile, Milan AC poi Real Madrid) : 58 pts
7. Zlatan Ibrahimovic (Svezia, Inter puis FC Barcellona) : 50 pts
8. Wayne Rooney (Inghilterra, Manchester United): 35 pts
9. Didier Drogba (Costa d’Avorio, Chelsea): 33 pts
10. Steven Gerrard (Inghilterra, Liverpool) : 32 pts
11. Fernando Torres (Spagna, Liverpool): 22 pts
12. Cesc Fabregas (Spagna, Arsenal) : 13 pts
13. Edin Dzeko (Bosnia, Wolfsburg) : 12 pts
14. Ryan Giggs (Galles, Manchester United) : 11 pts
15. Thierry Henry (Francia, FC Barcellona) : 9 pts
16. Luis Fabiano (Brasile, FC Siviglia), Nemanja Vidic (Serbia, Manchester United), Iker Casillas (Spagna, Real Madrid): 8 pts
19. Diego Forlan (Uruguay, Atletico Madrid) : 7 pts
20. Yoann Gourcuff (Francia, Bordeaux) : 6 pts
21. Andreï Arshavin (Russia, Arsenal), Julio Cesar (Brasile, Inter), Frank Lampard (Inghilterra, Chelsea) : 5 pts
24. Maicon (Brasile, Inter) : 4 pts
25. Diego (Brasile, Werder Brêma poi Juventus) : 3 pts
26. David Villa (Spagna, Valencia), John Terry (Inghilterra, Chelsea) : 2 pts
28. Franck Ribéry (Francia, Bayern Monaco), Yaya Touré (Costa d’Avorio, FC Barcellona) : 1 pt
30. Karim Benzema (Francia, Lione poi Real Madrid): 0 pt

Tutti i derby d’Europa

L’ultimo fine settimana calcistico ha riservato ai tifosi numerosi derby nei vari campionati europei. Vediamo come sono andati.

Arsenal-Chelsea 0-3

Il Chelsea stravince 3-0 l’atteso derby di Londra contro l’Arsenal, rispondendo cosí al 4-1 del Manchester United sul Portsmouth e confermandosi al 1º posto in classifica. I Gunners  perdono alla vigilia del match la loro stella di Robin Van Persie, che sará operato in settimana ad Amsterdam, per la ricostruzione dei legamenti della caviglia destra a seguito dell’infortunio rimediato in amichevole con l’Italia lo scorso 14 novembre.
All’Emirates Stadium non c’é storia: il Chelsea si dimostra superiore nella manovra e nella gestione di gioco (soprattutto nella ripresa) e Drogba, in testa alla classifica marcatori con 11 gol, é inarrestabile per i difensori di Wenger. L’ivoriano colpisce due volte: la prima, a fine primo tempo, su cross di Ashley Cole mette la palla all’incrocio dei pali di piatto destro. La seconda, questa volta da calcio di punizione, batte Almunia e mette i 3 punti in cassaforte, in mezzo il clamoroso autogol di Vermaelen.

I Blues di Ancelotti dopo 14 giornate possono vantare il miglior attacco della Premier League con 36 reti segnate e la migiore difesa con soli 8 gol incassati. È lo stesso allenatore italiano che a fine partita esalta la prestazione dei suoi ma rifuta l’ipotesi di considerare l’Arsenal e il Liverpool fuori dalla corsa per il 1º posto: “Penso che possiamo vincere il titolo – afferma – Ho firmato per il Chelsea perché credo che potremo vincere qualcosa e abbiamo cominciato la stagione pensando di poterlo fare. Il nostro obbiettivo é restare in tutte le competizioni fino alla fine e se possibile vincere. Non mi interessa se l’Arsenal potrá tornare in vetta, ció che conta é che il Chelsea continui a giocare come oggi con determinazione e concentrazione.”
E quando i giornalisti gli chiedono come affronterá l’assenza di Drogba, impegnato nella Coppa d’Africa, a gennaio risponde cosí: “Abbiamo giá giocato alcune partite in Champions League senza Drogba e abbiamo vinto. È un giocatore importante pe noi,  ma abbiamo anche Ballack, Malouda, Deco e Kalou che sono dei grandi giocatori e avrebbero posto in qualsiasi altra squadra, non sono quindi particolarmente preoccupato. È stata una grande prestazione, penso che se vuoi vincere 3-0 all’Arsenal devi giocare veramente al massimo”.

Arséne Wenger dal canto suo si mostra insoddisfatto con l’arbitro Andre Marriner soprattutto per l’annullamento di un gol di Arshavin sul 2-0 per il Chelsea: “Come puó l’arbitro aver visto Eduardo calciare la palla se aveva un giocatore del Chelsea davanti? È stato un grande errore dell’arbitro. Gli arbitri quest’anno…hanno deciso la partita con il Manchester United e adesso con il Chelsea. In questi grandi incontri é importante che non facciano errori che influenzino il risultato. Il gol del 2-1 oggi avrebbe fatto una grande differenza”. Per quanto riguarda le speranze di titolo dei Gunners é eloquente: ” Dobbiamo prima vincere le partite per poter parlare di titolo”

L’Arsenal conferma la sua incapacitá di sconfiggere il Chelsea con Drogba in campo, l’ivoriano é infatti andato a segno in 10 delle 11 partite che ha disputato in questo derby, 8 delle quali si sono concluse con una vittoria dei Blues. “Probabilemente sono solo fortunato” – commenta ironico Drogba.

Didier Drogba

Genoa-Sampdoria 3-0

Il 101esimo derby della Lanterna fa entrare di diritto l’allenatore genoano Gian Piero Gasperini nella storia: il 3-0 rifilato dai suoi giocatori alla Sampdoria significa il 3º derby consecutivo vinto (considerando i 2 della stagione scorsa), nessun allenatore rossoblú ci era mai riuscito. “«Ammetto che c’è un pò di rammarico per il primo tempo, abbiamo avuto tante occasioni e non le abbiamo sfruttate. Poi l’espulsione di Biava poteva cambiare il nostro gioco e invece siamo stati molto bravi in fase difensiva con una concentrazione e una attenzione che in passato abbiamo avuto a sprazzi. Sono contento per tutti i ragazzi, in particolare per quelli della difesa. Juric è stato un leone, non sapevo come avrebbe reagito dopo un’assenza così lunga. Criscito ha ritrovato la miglior condizione, hanno lavorato molto bene».

I rossoblú sono stati quasi perfetti, annichilendo Pazzini e Cassano in difesa, costruendo un muro a centrocampo con un Milanetto in grande spolvero e facendo impazzire la difesa doriana con il movimento del trio Sculli-Palacio-Palladino. Il grifone passa dopo 10′ con un rigore procurato da Palacio: Milanetto realizza spiazzando Castellazzi. Poi al 22′ discesa sulla destra di Palladino, cross respinto da Ziegler con la palla che sbatte sul palo della porta blucerchiata. La Sampdoria non risponde, il grifone ne aprofitta ancora in due occasioni: una con Criscito di testa al 35′ con Castellazzi che salva e al 37′ Sculli fallisce il 2-0 solo dacvanti al portiere. Al 45´il colpo di scena é l’espulsione di Biava che, giá ammonito, ferma la palla con la mano e come se non bastasse Palacio esce vittima di un infortunio. Al rientro il campo la storia é sempre la stessa con il Genoa ad attacare e la Sampd a difendere. All’8 il Genoa raddoppia con un tiro da dentro l’area di Rossi, poco dopo viene espulso anche Marco Rossi con le squadra che ritrovano la paritá numerica. La Sampdoria é completamente in balia dell’avversario che segna ancora su rigore con Palladino. Fino alla fine non succede piú niente solo l’espulsione di Cacciatore rende ancora piú scura la notte degli uomini di Del Neri. «Un dispiacere assoluto» – é cosi che l’allenatore doriano definisce questo derby e continua – “Potevamo dare di più, a volte capita, ma il Genoa ha fatto una prestazione di tutto rispetto. Strano questo atteggiamento, ci è successo come a Torino, l’unica partita fino ad ora in cui non eravamo entrati in campo con la testa giusta. Ci dispiace per i nostri tifosi. Oggi è mancato tutto, nessuno di noi è da salvare. L’unica consolazione di questa partita è che peggio di così non possiamo giocare. Eppure nei primi dieci minuti non avevamo iniziato male, poi però dopo il rigore e il gol del vantaggio abbiamo giocato male mentre loro hanno sfruttato bene le ripartenze, hanno vinto spazi e duelli. Spero solo che il pubblico ora capisca il nostro momento e ci stia vicino. Il campionato non finisce ora e così il derby, c’è anche il ritorno. Se rifarei queste scelte? Si, tutte».

La coreografia dei tifosi genoani

Sporting-Benfica 0-0

Lo stadio di Alvalade si riempie per la prima volta in questa stagione per ricevere questo Sporting-Benfica che fa registrare alcuni scontri tra tifosi nel pre-partita: nonostante i 500 agenti impegnati per garantire la sicurezza l’autobus che trasportava i giocatori del Benfica é stato sottoposto a un fitto lancio di pietre.

Il Benfica entra in campo con i favori del pronostico visti gli 11 punti di vantaggio in classifica sui cugini biancoverdi risultato che registrano le assenze di Izmailov, Yannick Djalo e André Marques. Entrambi gli allenatori Jorge Jesus e Carlos Carvalhal (subentrato a Paulo Bento nello Sporting) sono esordienti ma determinati a vincere. Jesus aveva giá dichiarato che “il derby é decisivo per lo Sporting” con quella tranquillitá che si puó permettere solo chi ha tra le proprie file un attacante come Cardozo che da solo ha segnato quasi gli stessi  dello Sporting (12 contro 11). I “leoni” che giá non vincono da 5 giornate hanno bisogno dei 3 punti tanto a livello di classifica quanto a livello psicologico.

Nel primo tempo lo Sporting comincia forte: corre, pressa e prende di sorpresa gli “encarnados” che sono piú statici in campo, mostrano difficoltá sopratutto a giocare sulle fascie e nel far circolare la palla e farla arrivare a Cardozo e Saviola. Anche i numerosi calci d’angolo guadagnati non impesieriscono Rui Patricio. Le due migliori occasioni della prima parte sono tutte dello Sporting: la prima vede protagonista di Polga che ci prova di sinistro dopo un calcio d’angolo ma la palla finisce alta poi un tiro di Liedson poco fuori dall’aerea di rigore, dopo un grande aggancio e pallonetto su David Luiz, obbliga Quim a una grande parata. Al rientro dagli spogliatoi il Benfica sembra piú vivo ma non riesce a creare pericolo. È ancora una volta lo Sporting che si avvicina al gol: la miglior giocata della partita é di Miguel Veloso che calcia di prima da fuori aerea dopo un calcio d’angolo, con Quim che vola ancora una volta impedendo che la palla entrasse all’incrocio. Jesus cambia le carte in tavola togliendo Aimar e inserendo un centrocampista di quantitá come Ruben Amorim, Carvalhal risponde gettando nella mischia Bruno Pereirinha al posto di Matiás Fernandez. Successivamente solo una punizione di Veloso che si infrange sulla barriera e un colpo di testa al lato di Cardozo fanno sussultare il pubblico. Erano 18 anni che non finiva 0-0 e per la prima volta un derby con allenatori portoghesi finisce in pareggio.

A fine partita l’allenatore benfichista Jesus ritorna sul concetto espresso prima della partita: ” Questo é un risultato che serve piú a noi che allo Sporting, penso che con questi 11 punti di svantaggio loro sono fuori dalla lotta per il titolo.” Vedremo se avrá ragione, intanto la giornata vede le vittorie di Braga e Porto, con i gli “arsenalisti” che si riprendono il primo posto a +2 sul Benfica e i campioni di Portogallo che si avvicinano a -3. Sono proprio i portisti di Jesualdo Ferreira che sono attesi a Lisbona nello Stadio da Luz il 20 dicembre, un altro grande incontro che dirá molto sulle ambizioni di entrambe le squadre.

Liedson fugge a David Luiz

Everton-Liverpool 0-2

Tre partite senza vittorie in campionato e eliminato dalla Champions League il Liveropool risale la classifica grazie alla vittoria nel derby con l’Erverton per 2-0. A Goodison Park gli uomini di Benitez, ancora orfani del loro miglior giocatore Fernando Torres, vanno subito in vantaggio al 12′ con un autogol di Yobo su tiro di Mascherano. L’Everton reagisce bene, prende in mano la partita ma sbaglia troppo sottoporta. Il Liverpool deve ringraziare il suo portiere Reina autore di una prestazione superlativa, salvando il risultato in almeno 2 occasioni. Il 2-0, che chiude il match, viene realizzato a 10´dalla fine da Dirk Kuyt, dopo che Gerrand si getta su una palla che persa da Yobo, apre a sinistra per Riera che assiste l’olandese. Con 23 punti il Liverpool raggiunge l’Aston Villa in 5ª posizione e allegerendo la posizione del suo allenatore che nelle ultima settimane si era fatta vaccilante. L’Everton invece continua nei bassifondi al 16º posto con 15 punti.

“Era un match troppo teso” confessa Rafa Benitez, che pensa giá ai prossimi incontri: “Stanno ritornando i giocatori dagli infortuni,nelle prossime settimane vedremo i risultati. Dobbiamo riuscire a vincere piú partite consecutive, questa é la chiave. Ma vincere un derby é sempre importante.” David Moyes é soddisfatto della prestazione dei suoi: “Sono stato molto critico con la squadra per le prestazioni di questo inizio di stagione,ma oggi non lo posso essere. Ci siamo sforzati e siamo partiti molto bene, ci é mancata un po’ di fortuna. Alla lunga il fatto di non aver segnato ci ha penalizzato, non so quanti attacchi abbia fatto il Liverpool ma di sicuro non sono stati molti.” Anche Tim Cahill, sudafricano e bandiera dell’Everton é deluso dal risultado e dal piazzamento in classifica: “Siamo in una situazione problematica, l’unica soluzione che abbiamo é lavorare al meglio per uscire da questo momento. La classifica non rispecchia le qualitá del nostro collettivo.”

Kuyt esulta dopo il gol

C’é chi non si stanca di stupire…

22-11-2009 Los Lakers – Oklahoma Thunders 2:05″ dalla fine del 2º quarto: Kobe Bryant chiede palla in post-basso, riceve, fa un palleggio verso il fondo superando Harden e in equilibrio precario mette i 2 punti da dietro il tabellone (!!!) Per la cronaca il Lakers vinceranno 101-85.

Ecco l’ultima magia del fenomeno gialloviola.

Iverson si ritira? A lui la “Answer”

Il dubbio che in questi giorni affligge Allen Iverson é lo stesso che decine di campioni hanno dovuto affrontare nella loro carriera, non é la firma di un contratto piuttosto che un altro, ma bensí se é giunto, o meno, il momento di ritirarsi.

Quella di Iverson é storia recente: il 9 settembre firma un contratto annuale con i Memphis Grizzlies da 3,5 milioni di dollari chiedendo un posto da titolare. “Sento che vogliono davvero impegnarsi per diventare una squadra vincente – aveva scritto su twitter – So di poterli aiutare e sento di potermi fidare di loro”. Ma nonostante le premesse e le buone intenzioni l’amore tra la franchigia del Tennessee non é mai sbocciato. Salta la pre-season e la prima di campionato per un infortunio al polpaccio e successivamente non gradisce il ruolo da comprimario riservatogli da coach Lionell Hollins, il quale gli ha concesso solo 22´di media a partita che si sono tradotti in 12,3 punti e 3,7 assist cifre lontani anni luce dai 27 punti e 6,2 assist che Iverson ha prodotto in carriera. “Guardate a quello che ho fatto nella mia carriera e capirete che non sono un sesto uomo” – aveva detto a chiare lettere. Il 7 novembre non si presenta ad un allenamento per “motivi personali” e non tornerá piú. Il 16 novembre arriva la rescissione consensuale del contratto: “I Grizzlies e Allen Iverson sono giunti a un accordo per la rescissione in seguito ai problemi personali che hanno costretto il giocatore a lasciare la squadra lo scorso 7 novembre. Allen farà un passo indietro per concentrarsi sul problema. Come conseguenza noi abbiamo deciso di interrompere il contratto, consentendo a entrambe le parti di andare avanti. Gli auguriamo il meglio”. Al di lá della diplomazia, il malessere di Iverson era profondo, ingestibile: proprio come successe un anno fa quando era ai Detroit Pistons e la panchina non gli andava giú. Voci di corridoio lo volevano a New York con D’Antoni (e Gallinari) per rilanciare i Knicks, ma ieri, nel giorno che negli States precede il Thanksgiving, il fenomeno di Hampton decide di appendere le scarpe al chiodo: “Voglio annunciare la mia intenzione di ritirarmi dal basket Nba. Ho sempre pensato che quando avessi lasciato il gioco, sarebbe stato perché non potevo più aiutare la mia squadra come ho sempre fatto. Tuttavia in questo caso non è così. Amo ancora tantissimo questo sport e posso competere ai massimi livelli”.

Tifosi e addetti ai lavori restano cosí con il fiato sospeso sperando che Al ci ripensi. Iverson nonostante i suoi 34 anni é un giocatore che ha ancora molti punti nelle mani ma dovrá necessariamente trovare un compromesso con se stesso e probabilmente accettare un ridimensionamento per potersi ancora togliere delle soddisfazioni con la palla a spicchi. Rookie of the year nel 1997,Mvp nel 2001 e 10 volte All-Star, nel suo curriculum manca il titolo Nba che ha giá visto da vicino nella stagione 2000-2001, quando portó i Philadelphia 76ers in finale contro ai Lakers di kobe Bryant e Shaquille O’neal perdendola 4-1.

C’é comunque scettismo attorno alla vicenda Iverson, anche Lebron James dice la sua: “Non credo debba lasciare in questo modo, ma se dovesse davvero ritirarsi credo lasci dei ricordi indelebili sul parquet”. Di sicuro Iverson é stato uno dei piú grandi giocatori dell’ultima decade: tecnica sopraffina e tiratore mortifero, tra i migliori in assoluto soprattutto in rapporto alla sua statura e al suo peso. Speriamo non sia questa la fine di “The Answer”.

I migliori giocatori africani

Il mondiale d’Africa del Sud é alle porte, conosciamo quindi i migliori giocatori africani eletti dalla CAF in una classifica stilata nel 2007. La classifica originale comprende 30 giocatori, di seguito i primi 10.

1º Roger Milla

Due volte giocatore africano dell’anno e inserito nella classifica dei 125 giocatori piú forti di tutti i tempi, Milla nasce a Yaoundé capitale del Camerun nel 1952. A 20 anni é giá campione nazionale con il Léopard de Douala e nel 1977 dopo aver vinto il  suo primo Pallone d’Oro Africano si traferisce in Francia, dove vestirá la maglia di 5 club diversi e segnerá 111 gol. Partecipa a 38 anni al mondiale di Italia ’90 dove strabilia il mondo e trascina il Camerun fino ai quarti di finale, segnando 4 gol e inventando la “Makossa”, una danza intorno alla bandierina per festeggiare i gol. Nel 1990 arriva il secondo Pallone d’Oro Africano. Incredibilmente convocato anche al mondiale di Usa ’94 a 42 anni diventa il piú anziano giocatore di sempre ad aver segnato una rete e ad aver partecipato al mondiale. Nell’Aprile 2006 é nominato Caveliere della Legione d’Oro Francese, premio che lo consacra campione dentro e fuori dal campo.

Mahmoud El-Khatib “Bibo”

Conosciuto come Personaggio Sportivo Arabo del XX secolo, El-Khatib possiede um palmares incredibibile: 10 campionati egiziani e 108 gol nella competizione, 8 Coppe d’Egitto, 2 Coppe dei Campioni Africane con il suo Al-Ahly, una Coppa d’Africa con l’Egitto e unico giocatore egiziano ad aver vinto il Pallone d’Oro Africano nel 1983. Famoso anche per essere stato nominato dal Comitato Fifa Fair-Play per non aver mai ricevuto un cartellino giallo nelle 450 partite nazionali e internazionali che ha disputato durante la carriera. Si ritira prematuramente nel 1988 dovuto agli infortuni sofferti causati dal trattamento riservatogli dagli avversari che ricorrevano al fallo sistematico per fermarlo.

3º Hossam Hassan

170 presenze e 69 gol con la maglia della nazionale egiziana, Hossam Hassan é un altro dei simboli del calcio africano. Bandiera del Al-Ahly, ha vinto 25 trofei in carriera (di cui 11 campionati 3 Coppe d’Africa) e giocato anche in Svizzera e in Grecia. È uno dei due giocatori ad essere riuscito a segnare nel derby Al-Ahly – Zamalek con entrambe le squadre. Suo fratello gemello Ibrahim, anche lui calciatore, é stato suo compagno di squadra molte volte durante la carriera. Si é ritirato nel 2007 all’etá di 42 anni. Nel febbraio 2008 é stato nomitato allenatore e general manager del El-Masry club di prima divisione egiziana.

4º Samuel Eto’o

Questo 3 Pallone d’Oro Africano (2003,2004,2005) e capocannoniere assoluto della nazionale camerunense (42 gol in 88 presenze) e della Coppa d’Africa é oggi considerato da molti il miglior attacante in circolazione. Nato a Nkon nel marzo 1981, Eto’o entra a 15 anni nel settore giovanile del Real Madrid passando poi per Maiorca (di cui é miglior marcatore assoluto della storia nella Liga con 54 gol), Barcellona e Inter dove gioca attualmente. Spesso obbiettivo di cori razzisti ha vinto tutti i principali trofei: 3 Campionati spagnoli, 2 Coppe di spagna, 2 Supercoppe di Spagna, 2 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale e 2 Coppe d’Africa. Anche i suoi due fratelli sono giocatori professionisti. Padre di 3 figli é ambascatore Unicef contro il razzismo. Grande appassionato di orologi costosi, ha smesso di comprarli dopo aver visto il film “Diamanti di sangue” e aver visto come funziona il traffico di diamanti.

5º Abedi Pelé

Condivide con Eto’o il record di 3 Palloni d’Oro Africani vinti (1991,1992,1993), Abedí Pelé é presente nella lista dei Top 100 giocatori di tutti i tempi diramata dalla Fifa. Ghanese ma francese d’adozione nasce nel 1964 e si trasferisce a 15 anni nel paese transalpino. Esordisce con il Niort nel 1986 cominciando la scalata che gli fará vincere una Coppa dei Campioni con il Marsiglia (1993). Indossó anche le maglie del Torino e del Monaco 1860 tra le altre. Con la Nazionale ghanese ha disputato 73 partite segnando 33 gol. Dopo il ritiro ha fondato un club in Ghana il Nania Fc: accusato di aver comprato una partita che avrebbe decretato il passaggio alla massima divisione ghanese della squadra, nel 2007 viene squalificato per un anno.

6º George Weah

A detta di molti é il miglior giocatore africano di sempre. George Weah nasce in una baraccopoli di Clara Town a Monrovia nella Liberia sud-orientale, una delle zone piú povere del paese. Dopo gli inizi in Africa, nel 1988 si trasferisce in Europa, piú precisamente al Monaco vincendo la Coppa di Francia nell 1991. Nel 1992 passa al Paris Saint-Germain con cui vincerá un campionato nel 1994. Nel Maggio del 1995 arriva al Milan dove diventa grande conquistando: 2 scudetti (1996,1999), Pallone d’Oro (unico africano ad averlo vinto), Fifa World Player e Calciatore Africano dell’anno nel 1995. Nel gennaio 2000 se ne va in Inghilterra giocando nel Chelsea prima e nel Manchester City poi. Chiude la carriera negli Emirati Arabi con l’ Al-Jazira. Attualmente é figura di rilievo e uomo politico in Liberia dove ha perso al ballottagio le elezioni presidenziali 2005.

7º Didier Drogba

Il suo passaggio dal Marsiglia al Chelsea é stato il piú caro di sempre per un giocatore ivoriano (24 milioni di sterline). All’etá di 5 anni lascia la Costa d’Avorio e si trasferisce in Francia, firma il primo contratto professionale con il Le Mans. Nella stagione 2001-2002 approda in Serie A francese trasferendosi al Guingamp per poi fare il grande salto al Marsiglia nel 2003 dove segna 19 gol in 35 partite. Al Chelsea diventa il centravanti preferito da Mourinho e con i Blues vince 2 Premier League, 2 Coppe d’Inghilterra, 2 Coppe di Lega Inglese e 2 Charity Shield. Capocannonniere del campionato inglese nel 2006-2007 con 20 gol e miglior giocatore africano dell’anno nel 2006 Drogba é arrivato al top del calcio mondiale, é detentore del maggior numero di reti con la nazionale dell Costa d’Avorio (41 gol). Ambasciatore del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo dal 2007.

8º Nwankwo Kanu

L’Ajax lo porta in Olanda quando aveva 17 anni, con i lanceri vincerá 3 Campionati Olandesi e 1 Coppa Campioni 1 Supercoppa Europea e 1 Coppa Intercontinentale. Nel ’96 é capitano della Nigeria che vince le Olimpiadi di Atlanta, subito dopo passa all’Inter, dove gli viene riscontrato un problema cardiaco che poteva fargli terminare la carriera, ma il presidente Moratti pagó di tasca propria l’intervento per la sostituzione della valvola aortica. Nel ’99 si trasferisce all’Arsenal vincendo 2 Premier League, 2 Charity Shield e 2 Coppe d’Inghilterra. Dal 2006 gioca nel Portsmouth che grazie a un suo gol contro il Cardiff nel Maggio 2008 in finale di FA Cup tornó a vincere il trofeo dopo 69 anni. Calciatore africano dell’anno nel 1996 e nel 1999.

9º Rabah Madjer

Considerato il miglior giocatore algerino di sempre, Madjer deve la sua fama al gol di tacco realizzato realizzato nella finale di Coppa Campioni 1987 che sconfisse il Bayern Monaco e regaló la vittoria al suo Porto. Questa prodezza gli valse il soprannome di “Tacco di Allah”. Nel 1988 viene acquistato dall’Inter ma un infortunio alla coscia fece saltare tutto. Miglior marcatore della nazionale algerina, vincitore anche di una Coppa Intercontinentale, di una Coppa d’Africa e del Premio di Calciatore Africano dell’Anno. Ritiratosi dall’attivitá agonistica é giá stato commissario tecnico dell’Algeria.

10º Kalusha Bwalya

Detentore del record assoluto di gol e presenze con la nazionale dello Zambia. Giocatore africano dell’anno nel 1988 e incluso nella lista dei candidati al Fifa World Player nel 1996. Autore di una storica tripletta all’Italia nelle Olimpiadi di Seul 1988, scampato a un disastro aereo dove morirono tutti i giocatori dello Zambia perché impegnato con il Psv Eindhoven. Trascina poi la sua nazionale fino alla finale della Coppa d’Africa del 1994 perdendo in finale con la Nigeria. È allenatore-giocatore nelle qualificazioni al mondiale 2006 dove entra e segna su punizione contro la Liberia. Ambasciatore dei prossimi mondiali in Africa del Sud.

Kobe é il numero 24(000)!

Nel giorno del mancato incontro in campo tra i fratelli Gasol (Pau infortunato) e della presenza di Allen Iverson come avversario con la cannottiera dei Memphis Grizzlies, il pubblico dello Staples Center ha assistito all’ennesimo record firmato dal fenomeno di casa Kobe Bryant. I suoi 41 punti permettono ai Lakers di vincere 114-98 e al 24 gialloviola di superare quota 24.000 punti segnati in carriera diventando il giocatore piú giovane di sempre (31 anni e 75 giorni) a raggiungere questa marca. Kobe incide con martello e scalpello il suo nome sopra a quelli di Wilt Chamberlain (31 anni e 113 giorni), Kareem Abdul-Jabbar (32 anni e 331 giorni), Oscar Robertson (33 anni e 13 giorni) e Michael Jordan (33 anni e 30 giorni). Il 6 novembre si aggiunge quindi nel calendario di casa Bryant come un altro dei giorni da ricordare, ma soprattutto evidenzia ancor piú la maturitá agonistica di questo giocatore che sembra avere nel destino il confronto con i grandi del passato, Jordan in testa. Kobe viaggia a 39 punti di media in questo inizio di stagione (contro Memphis ne ha messi 41 per la terza volta in quattro partite), ha superato Allen Iverson portandosi al sedicesimo posto nella classifica dei ‘top scorer’ Nba e i Lakers si trovano al secondo posto nella Western Conference, dietro ai Phoenix Suns, con un record di 6-1. Nonostante questa partenza e il nuovo record intascato, Bryant tiene i piedi per terra “Non c’é nulla di originale nel mio gioco, ho imparato qualcosa da ogni giocatore che é stato qui. Comunque é sempre un onore entrare in una categoria d’elite”. Aspettiamoci insomma ancora di piú da questo giocatore che non vuole smettere di migliorarsi e dare spettacolo, quel tipo di giocatore che convince ogni spettatore a a pensare “I love this Game”.

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Kobe Bryant

“Mi drogavo e odiavo il tennis” firmato Andre Agassi

Solo qualche giorno fa se qualcuno ci avesse detto che Andre Agassi, ex numero 1 del mondo e possessore di 8 titoli del Grande Slam, non meritava di vincere tutto ció che ha vinto avremmo pensato che il tennis, probabilmente, non é lo sport preferito del nostro interlocutore. Mai avremmo pensato, invece, che il tennis non era lo sport preferito nemmeno del “Kid” di Las Vegas, di quel giocatore che ha scritto pagine indelebili di questa disciplina.

Agassi distrugge il suo mito in poche righe ammettendo l’uso di anfetamina nell’autobiografia “Open: an autobiography” edita da Knopf e scritta con il vincitore del premio Pulitzer J.R. Moehringer. Il libro che uscirá negli Stati Uniti il 9 novembre e di cui il Times, Sport Illustrated e People Magazine ne hanno pubblicato degli estratti contiene parti che non lasciano margini di interpretazione: “Sniffai anch’io – scrive Agassi – mi sono sentito bene e subito pensai al Rubicone che avevo passato, poi mi ha travolto un senso di colpa e un’immensa tristezza, quindi un’altra ondata di euforia che cancellò ogni pensiero negativo dalla mia mente, non mi ero mai sentito tanto vivo, tanto pieno di speranze e mai ho sentito tanta energia dentro di me. Provai il desiderio di fare pulizia, mi misi a lavare tutta la casa”.

La copertina dell'autobiografia di Agassi

La copertina dell'autobiografia di Agassi

Un’ondata che poi lo travolse quando l’Atp gli comunicó la positivitá di un test antidoping “Il mio nome, la mia carriera, tutto era a rischio. Tutto quello che avevo ottenuto, per il quale avevo lavorato duramente. Allora ho deciso di scrivere una lettera all’Atp, ho scritto tante menzogne mescolate con mezze verità, davo la colpa al mio assistente, spiegavo che lui era un abituale consumatore di droghe e che per errore io avevo bevuto un drink di Slim che conteneva sostanze stupefacenti, ho chiesto comprensione e indulgenza e ho spedito la lettera. Sentivo tanta vergogna dentro di me e mi ripromisi di non fare più un errore del genere”. L’Atp accettó le scuse e archivió il caso occultandolo. Tutto ció accade nel 1997, anno in cui Agassi sprofonda al numero 141 della classifica mondiale e fu addirittura costretto a partecipare ad alcuni tornei di Serie B denominati Challenger. La crisi di risultati non é l’unico problema che l’americano dovette fronteggiare, infatti anche il matrimonio con l’attrice Brooke Shields era in bilico, il crystal meth era diventato l’unico “sollievo” del tennista. Un sollievo per il quale Agassi avrebbe pagato caro in altre circostanze: la metanfetamina, eccitante dal riconusciuto effetto dopante, é tra le sostanze vietate dal Cio e il suo uso riduce la sensazione di fatica migliora l’attenzione ma puó portare all’infarto cardiaco. Non solo, infatti la legge degli Stati Uniti prevede fino a 5 anni di detenzione per possessori di questo tipo di droga senza poi considerare che l’Atp avrebbe tranquillamente potuto squalificarlo compromettendone la carriera e offuscandone l’immagine, quella che nella celebre pubblicitá della Nike che lo vedeva protagonista valeva tutto (“Image is everything”), e soprattutto un contratto da 100 milioni di dollari.

Dura la reazione della Federazione Internazionale del Tennis: ” L’ITF e’ sorpresa e delusa dai commenti di Andre Agassi che nella sua biografia denuncia di aver fatto uso di sostanze proibite nel 1997. Tali commenti non rendono giustizia al programma antidoping della federazione che e’ uno dei piu’ rigorosi e comprensivi nello sport. Gli eventi di cui si parla avvennero prima della fondazione della WADA nel 1999 quando la gestione della lotta al doping era affidata alle singole federazioni. L’integritá morale e l’impegno profuso nella lotta al doping non possono essere minati da fatti accaduti 12 anni fa. Le dichiarazioni del Signor Agassi confermano tuttavia la necessita’ di un programma antidoping piu’ severo”. Anche l’attuale numero uno del mondo Roger Federer si é detto “deluso e choccato dal fatto che possa essere successo qualcosa di simile ma Andre ha fatto cose incredibili nella sua carriera, come giocatore e come persona. Con la sua fondazione ha devoluto oltre 100 milioni, e questo viene prima di tutto”, e si auspica che “In futuro non succeda più. Lo sport, il tennis, deve rimanere pulito”.

Come se tutto ció non bastasse, nella biografia figurano altre rivelazioni shock. Agassi svela che la sua folta e bionda capigliatura, che entró nell’immaginario comune appassionati di tutto il mondo, era finta. “La sera prima della finale dei French Open del 1990, mentre ero sotto la doccia mi trovai in mano una ciocca di capelli e pensai di aver usato uno shampoo sbagliato. Ma poi col tempo mi accorsi che il tessuto capillare si stava dissolvendo e mio fratello Philly mi aiutó a fissarlo con una ventina di forcine”. La parrucca era l’incubo dell’ex campione come lui stesso conferma “Immagino milioni di persone davanti alla tv spalancare gli occhi e domandarsi sconcertati e in tutte le lingue: «Non credo ai miei occhi! Ad Andrè Agassi gli sono caduti i capelli dalla testa?»” Nel 1994 la svolta, grazie all’aiuto della moglie, Agassi decide di rasarsi a zero ridendo di se stesso quando poi si guardó allo specchio “Davanti a me c’era una persona estranea. Il mio toupet era come una catena e i miei ridicoli capelli lunghi – tinti di tre colori diversi – come una palla al piede”. L’oggi 39enne toglie l’ultimo scheletro dall’armadio quando scrive di aver “sempre detestato” giocare a tennis condizionato anche da un padre-padrone, Mike ex-pugile armeno, descritto come violento e impositore.

Agassi e i suoi look

Dal canto suo Agassi, che é stato capace di vincere almeno un torneo su tutte le superfici, non é il primo tennista ad aver fatto uso di droga. I casi sono vari e i nomi eccelenti: nel 2007 Martina Hignis, per esempio, fu trovata positiva alla cocaina dopo il terzo turno di Wimbledon e squalificata per due anni finendo poi per ritirarsi. Nel Maggio di quest’anno Richard Gasquet é stato sospeso 3 mesi per cocaina. Jennifer Capriati fu arrestata all’etá di 16 anni per possesso di stupefacenti e stette 15 mesi lontana dai campi.

Perché Andre, attualmente marito dell’ex tennista Steffi Graf, padre di due bambini e atleta da oltre 30 milioni di dollari solo in montepremi, ha deciso di gettare fango su sé stesso e sulla sua fantastica carriera dopo tanti anni? Forse per far diventare anche il suo libro numero uno nelle classifiche di vendita? Sará che il Kid quando stava scrivendo si é ricordato degli 8 minuti di standing ovation che il pubblico dell’Artur Ashe gli riservó il 3 settembre 2006 in occasione della sua ultima partita agli US Open? “Ho sempre giocato con il cuore in mano e le mie emozioni si leggevano sempre sulla mia faccia. -spiega Agassi- In realtá ero impaziente di raccontare al mondo tutta la storia”.